Il festival di Cannes del 2025 si è affermato come un palcoscenico cruciale per riaffermare la creatività e la libertà degli artisti, un luogo dove le voci si sono unite per affrontare tematiche attuali e pressanti. Quest’anno, il festival ha assunto un significato ancora più profondo, trasformandosi in un rifugio per coloro che operano nel mondo del cinema, ma anche in un simbolo di resistenza e impegno politico. La manifestazione, che si è svolta dal 16 al 27 maggio, ha visto la partecipazione di figure di spicco del panorama cinematografico, pronte a esprimere il loro sostegno a cause significative.
Il primo a lanciare un appello è stato l’attore e regista Robert De Niro, che ha parlato dei dazi imposti dall’amministrazione Trump, un tema che ha suscitato un ampio dibattito. La voce del cinema internazionale si è poi unita a quella di Jafar Panahi, il regista iraniano che ha fatto il suo ritorno a Cannes dopo 15 anni di persecuzioni, portando con sé un messaggio di speranza e resilienza. La serata finale ha visto la partecipazione di Cate Blanchett, ambasciatrice dell’UNHCR, che ha chiuso il festival con un intervento carico di significato.
Blanchett ha presentato il Displacement Film Fund, un’iniziativa volta a finanziare i film di registi in esilio, una categoria che sta crescendo a causa delle attuali crisi globali. “Essere qui a Cannes è una tradizione, ma oggi non sono qui per promuovere un film, bensì per sostenere questa iniziativa”, ha dichiarato l’attrice, che ha già partecipato a Cannes con otto film, tra cui opere premiate come “Babel” e “Carol”. La sua presenza, elegante e carismatica, ha richiamato l’attenzione su una questione cruciale: la necessità di dare visibilità ai film realizzati in circostanze difficili.
La regista ucraina Maryna Er Gorbach, il regista somalo-austriaco Mo Harawe e il regista siriano Hassan Kattan sono stati tra i primi selezionati per ricevere supporto dal fondo. Tra i progetti approvati figura anche quello del regista iraniano Mohammad Rasoulof, costretto a rifugiarsi in Germania dopo una condanna a otto anni di carcere da parte della Repubblica Islamica. Rasoulof ha già ottenuto riconoscimenti a Cannes, incluso il Premio speciale della giuria nel 2024 con il suo film “Il seme del fico sacro”. Anche la regista afghana Shahrbanoo Sadat, recentemente fuggita da Kabul, è stata menzionata tra i sostenitori del fondo.
Blanchett ha sottolineato l’importanza di abbattere le barriere che circondano le storie di esilio, affermando che i film possono essere meravigliosi e toccanti, anche se non trattano direttamente il tema dello sfollamento. Il film “Silk Road”, presentato dalla regista ucraina, racconta la storia di una giovane donna la cui famiglia è stata distrutta dalla guerra, mettendo in luce le esperienze di chi vive in condizioni di conflitto.
L’attrice ha concluso il suo intervento evidenziando come il cinema possa fungere da potente strumento per unire le persone in un momento di crescente divisione. I progetti dei registi sostenuti dal Displacement Film Fund promettono di esplorare temi universali e di offrire nuove prospettive, contribuendo così a una narrazione collettiva di umanità e speranza.
Il progetto di Rasoulof, ancora privo di titolo, si concentra sulla vita di una famiglia che cerca di onorare le ultime volontà di uno scrittore in esilio, affrontando complicazioni inaspettate. Nel frattempo, Cate Blanchett continua a lavorare attivamente nel settore, con l’uscita imminente del film “Black Bag” di Steven Soderbergh e un nuovo progetto con Jim Jarmusch, “Father, Mother, Sister, Brother”, al fianco di Adam Driver. La sua carriera continua a essere un esempio di impegno e passione per il cinema.