La Vigna Michelangelo, situata nel cuore di Firenze, rappresenta un innovativo progetto di vigneto urbano moderno. Questa iniziativa, che si trova a pochi passi dall’omonimo e famoso piazzale, ha visto la luce nel 2021 e ha recentemente subito un significativo rinnovamento. Nel 2024, infatti, sono state piantate 700 nuove viti, ampliando così l’area coltivata.
La gestione della vigna è affidata all’azienda agricola Donne Fittipaldi, con sede a Bolgheri, sotto la direzione di Maria Fittipaldi Menarini. Insieme alle sue quattro figlie, Carlotta, Giulia, Serena e Valentina, Maria ha intrapreso questo progetto con l’intento di creare un legame profondo con la terra. Il terreno, situato in una posizione favorevole con esposizione a nord-est, è stato scelto per le sue potenzialità vitivinicole. Si prevede che i primi frutti, idonei per la vinificazione, saranno pronti tra due anni, con la prima vendemmia programmata per il 2027.
L’obiettivo di Maria Fittipaldi Menarini non si limita alla produzione di vino. “Il fine della vigna non è solo il vino, ma il rapporto che si crea tra uomo, terra e aria”, dichiara, sottolineando l’importanza di ridurre l’impatto del cemento e dell’asfalto attraverso un approccio più rispettoso nei confronti dell’ambiente. La vigna ha anche un significato personale per Maria, in quanto si trova di fronte alla casa di famiglia a Firenze, un luogo che evoca ricordi d’infanzia legati a suo padre, Mario.
Dal 2024, la Vigna Michelangelo è entrata a far parte dell’Urban Vineyards Association, un’organizzazione presieduta dall’italiano Nicola Purrello, noto per il suo vigneto urbano ai piedi dell’Etna a Catania. Questo collegamento evidenzia l’importanza della rete di vigneti urbani in Italia, che mira a promuovere la biodiversità e la sostenibilità nelle città.
Il progetto di Firenze prevede una completa riconversione dell’impianto viticolo, con l’introduzione di varietà di viti allevate secondo il sistema ad alberello, ideale per la pendenza del terreno. Il vigneto è composto da diverse varietà, tra cui 300 viti di Sangiovese, 150 di Canaiolo, 100 di Foglia Tonda, 100 di Pugnitello e 50 di Colorino del Val d’Arno.
La parte tecnica del progetto è curata dall’agronomo Stefano Bartolomei e dall’enologo Emiliano Falsini. Bartolomei descrive il vigneto come un “vigneto giardino”, progettato per integrarsi perfettamente con l’ambiente circostante e mantenere intatte le caratteristiche paesaggistiche. Falsini, invece, si esprime sul futuro vino, immaginando un prodotto che combini la tradizione toscana con un approccio moderno. “Cercheremo di avere un respiro contemporaneo basato sulla freschezza, bevibilità ed eleganza”, afferma, sottolineando l’importanza di un vino che rappresenti l’identità della Toscana, pur guardando al futuro.