La startup Interlune, creata nel 2020 da un gruppo di ex ingegneri di Blue Origin, ha intrapreso un progetto ambizioso: l’estrazione di elio-3 (³He) dalla Luna. Questo isotopo raro, depositato nella regolite lunare grazie all’azione del vento solare e già rinvenuto nei campioni delle missioni Apollo, è considerato una risorsa fondamentale per l’informatica quantistica e, in futuro, per la fusione nucleare. Tuttavia, il percorso verso il suo sfruttamento presenta notevoli difficoltà.
Un’impresa titanica
Secondo le stime del Geological Survey degli Stati Uniti, per ottenere anche solo un chilogrammo di elio-3 è necessario processare fino a un milione di tonnellate di regolite lunare. Questa sfida è paragonabile all’estrazione mineraria terrestre su larga scala. «È un’impresa enorme», ha dichiarato Laszlo Keszthelyi, geologo dell’USGS, «ma tecnicamente possibile». Nonostante le iniziali perplessità, compresi i dubbi di alcuni cofondatori, il CEO di Interlune, Rob Meyerson, ha sottolineato che l’aumento della domanda di elio-3 per applicazioni avanzate giustifica l’investimento. La startup prevede di utilizzare mietitrici robotiche, di dimensioni simili a quelle di un SUV, alimentate da energia solare, per scavare fino a tre metri nella superficie lunare. Meyerson ha rassicurato: «Non devasteremo la Luna, lasceremo il suolo come un campo arato».
Un mercato in espansione
Attualmente, il valore di mercato dell’elio-3 si aggira intorno ai 20 milioni di dollari al chilogrammo. Interlune intende concentrarsi inizialmente sul settore del calcolo quantistico, dove l’elio-3 è utilizzato come fluido criogenico per raffreddare i qubit a temperature prossime allo zero assoluto. «Questa è la nostra principale area di domanda», ha spiegato Meyerson. Tuttavia, la startup non esclude sviluppi futuri in ambito di fusione nucleare, tecnologie mediche avanzate e sensori per la sicurezza. «Ci sono molti usi promettenti», ha aggiunto, «ma il quantum computing è quello che genera interesse oggi».
Progetti futuri
Sulla superficie lunare si trova una quantità relativamente abbondante di elio-3 rispetto alla Terra, grazie al vento solare, un flusso di particelle emesso dal Sole. Questi ioni leggeri, tra cui l’elio-3, si accumulano nel tempo sulla Luna, che non ha atmosfera né un campo magnetico significativo per proteggerla. Il primo obiettivo concreto di Interlune è una missione lunare nel 2027 per testare la raccolta dell’elio-3 su piccola scala, con l’intenzione di installare un impianto pilota sulla Luna entro il 2029. L’azienda prevede di avvalersi dei servizi di trasporto offerti dal programma CLPS della NASA e ha già raccolto circa 18 milioni di dollari in fondi privati, oltre a finanziamenti pubblici da NASA, Dipartimento dell’Energia e National Science Foundation. Per testare i propri macchinari in condizioni di bassa gravità, Interlune ha effettuato voli parabolici con la Zero-G Corporation, utilizzando un Boeing 727 modificato. I mietitori robotici, attualmente in fase di brevetto, sono progettati per operare in ambienti ostili e per essere trasportati in una singola missione della Starship di SpaceX.
Scetticismi e sfide
Jack Schmitt, ex astronauta e presidente di Interlune, sostiene il progetto fin dagli anni Settanta. Tuttavia, la comunità scientifica rimane cauta. Keszthelyi ha recentemente classificato l’elio-3 come “presumibilmente irrecuperabile”, avvertendo che le concentrazioni rilevate nei campioni Apollo variano da 2,4 a 26 parti per miliardo. «Serve una quantità di materiale enorme per ottenere poco prodotto», ha affermato. Chris Dreyer, direttore dell’ingegneria alla Colorado School of Mines, ha evidenziato che l’efficienza dell’estrazione rappresenta una delle principali sfide: «È necessario analizzare ampie porzioni di territorio lunare per individuare i depositi giusti». La polvere, i cicli termici estremi e le complessità logistiche costituiscono ostacoli significativi.
Investimenti e sviluppo tecnologico
Il team di Interlune ha recentemente ricevuto nuovi fondi per sviluppare una tecnologia in grado di separare l’elio-3 dall’elio terrestre, mentre prosegue la progettazione di strumenti per setacciare e trattare la regolite in loco. Meyerson ha affermato: «Non servono enormi quantità per avere un ritorno economico. Pensiamo di poter fornire decine di chilogrammi l’anno, e a quei prezzi, è un mercato sostenibile».