Negli ultimi dieci anni, il rover Curiosity della NASA ha effettuato importanti rilevamenti di metano nell’atmosfera di Marte, suscitando interrogativi sulla possibile esistenza di forme di vita microbiche sul pianeta rosso. Tuttavia, un nuovo studio condotto da Sébastien Viscardy e pubblicato nel Journal of Geophysical Research: Planets ha messo in discussione la validità di queste osservazioni, suggerendo che il metano potrebbe derivare da fonti terrestri o persino dal rover stesso.
Le misurazioni di metano effettuate dallo spettrometro laser (TLS) di Curiosity evidenziano significative variazioni tra le diverse rilevazioni, nonostante le medie indichino la presenza costante del gas. Ulteriori analisi hanno mostrato fluttuazioni di pressione nei compartimenti del TLS, progettati per essere ermetici. Questi risultati sollevano interrogativi sulla possibile contaminazione dei campioni da parte di aria terrestre o di fenomeni interni al rover, che potrebbero alterare i dati raccolti.
Durante la fase di preparazione al lancio da Cape Canaveral nel 2011, l’aria terrestre potrebbe essere penetrata nella camera del TLS. Nonostante i tentativi di evacuare i gas, alti livelli di metano sono stati registrati in questo compartimento. Ricerche precedenti hanno indicato che materiali utilizzati nella costruzione del rover, come il nastro Kapton, potrebbero rilasciare metano quando esposti alla luce ultravioletta. Questo fenomeno potrebbe complicare ulteriormente l’interpretazione dei dati, rendendo difficile determinare l’origine del metano rilevato.
Per distinguere tra una fonte marziana e una contaminazione terrestre, i ricercatori propongono di condurre un esperimento: analizzare lo stesso campione di aria marziana per due notti consecutive. Un incremento nella concentrazione di metano nella seconda notte potrebbe indicare una possibile fuoriuscita di gas da altre parti del rover, piuttosto che da Marte stesso. Questa metodologia potrebbe fornire ulteriori indizi e chiarire le origini del metano rilevato.
La questione della presenza di metano su Marte è stata oggetto di dibattito anche da parte delle sonde in orbita. Nel 2004, la sonda Mars Express ha effettuato la prima rilevazione di metano nell’atmosfera marziana, utilizzando lo spettrometro Planetary Fourier Spectrometer (PFS). Le concentrazioni rilevate, sebbene basse (circa 10 parti per miliardo), sono significative poiché il metano su Marte dovrebbe degradarsi rapidamente, suggerendo l’esistenza di una fonte attiva di produzione.
Il 15 giugno 2013, il rover Curiosity ha registrato un picco di metano nel cratere Gale, confermato il giorno successivo da Mars Express, che ha rilevato circa 15 ppbv nella stessa area. Questa rappresenta la prima volta in cui una rilevazione di metano su Marte è stata confermata simultaneamente da strumenti sia in superficie che in orbita, alimentando ulteriormente le discussioni sulla sua possibile origine.
Nonostante le diverse rilevazioni di metano, la sua presenza su Marte rimane controversa. Il Trace Gas Orbiter (TGO) della missione ExoMars, lanciato nel 2016, non ha mai registrato metano nell’atmosfera marziana. Questo ha portato gli scienziati a ipotizzare che il metano potrebbe essere presente solo in modo locale o temporaneo o che esistano meccanismi atmosferici che lo distruggono rapidamente. Le affermazioni di Viscardy potrebbero mettere in discussione anche le teorie sulla possibile esistenza di vita sul Pianeta rosso, complicando ulteriormente il dibattito scientifico attuale.