Michele Esposito risponde ai dazi di Trump traendo spunto da Gino Sorbillo

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La pizza “no dazi” di Gino Sorbillo rappresenta un gesto emblematico, destinato a rimanere nella memoria collettiva. Michele Esposito, con la sua recente proposta, ha saputo raccogliere l’eredità del maestro, portando avanti una visione innovativa.

In Giappone si pratica una tecnica di restauro chiamata kintsugi, che consiste nel riparare oggetti in ceramica danneggiati, evidenziando le fratture con polvere d’oro. Questa pratica non solo ha un valore estetico, ma anche un significato profondo: le “ferite” vengono celebrate anziché nascoste. A circa 14.000 chilometri di distanza, a Napoli, è emersa una corrente simile, dove al posto dell’oro si utilizza la mozzarella. Il pioniere di questa nuova forma d’arte è Gino Sorbillo, mentre il suo allievo, Michele Esposito, sembra aver superato il maestro.

La questione dei dazi

Il termine dazi è diventato un mantra dalla rielezione di Donald Trump. Questa parola ha invaso il dibattito pubblico, accompagnata da altre tematiche come quella del vino, creando una situazione di tensione globale. In questo contesto, alcuni imprenditori hanno deciso di affrontare la crisi con creatività, utilizzando mozzarella e slogan per ricomporre i cocci, proprio come nel kintsugi.

Gino Sorbillo ha risposto prontamente, presentando la sua pizza “No dazi” in concomitanza con gli annunci del Presidente statunitense. Dall’altro lato, Michele Esposito, amministratore di Mozzarella Food Experience, ha lanciato un cono salato ripieno di ricotta e mozzarella di bufala, come risposta all’ombra dei dazi.

L’obiettivo di Esposito è chiaro: “valorizzare la filiera corta e i prodotti a chilometro zero”, come la mozzarella e la ricotta. “La migliore risposta alla politica dei dazi di Trump è promuovere il consumo locale e coinvolgere le piccole aziende della nostra regione”, ha affermato.

Esposito sottolinea l’importanza di resistere alle logiche dei grandi mercati e di investire nella comunità locale, creando nuovi posti di lavoro. L’allievo, quindi, supera il maestro, non solo in termini di creatività, ma anche per la capacità di adattarsi a un contesto economico in continua evoluzione.