La sindrome dell’intestino irritabile (IBS) rappresenta una delle patologie gastrointestinali più diffuse, con un’incidenza che varia tra il 5% e il 10% della popolazione. Questa condizione non è associata a anomalie strutturali o biochimiche rilevabili tramite esami diagnostici convenzionali, ma si manifesta attraverso sintomi che possono variare in intensità e gravità. I pazienti possono sperimentare dolore addominale, cambiamenti nel ritmo intestinale e disturbi associati, che possono influenzare negativamente la qualità della vita. I principali fattori di rischio includono il sesso femminile, l’età giovane e la storia di infezioni gastrointestinali. La sindrome dell’intestino irritabile è considerata una malattia multifattoriale, in cui vari elementi, come i ritmi circadiani alterati e la scarsa qualità del sonno, possono contribuire all’aggravamento dei sintomi. La dottoressa Ambra Ciliberto, consulente dietista presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, sottolinea l’importanza del sonno nella regolazione dell’appetito, evidenziando come la mancanza di sonno possa portare a un aumento della grelina e a una diminuzione della leptina, influenzando le scelte alimentari e aggravando i disturbi gastrointestinali.
La sindrome dell’intestino irritabile è definita come un disturbo funzionale che si manifesta con un’alterazione dell’alvo, accompagnata da dolore addominale, gonfiore e, in alcuni casi, la presenza di muco nelle feci. La dottoressa Ciliberto spiega che questa sindrome, conosciuta anche come sindrome del colon irritabile, può essere classificata in quattro sottotipi: IBS con alvo stitico (IBS-C), IBS con alvo diarroico (IBS-D), IBS con alvo alternato (IBS-M) e una forma non specificata (IBS-U). Questa classificazione aiuta i medici a comprendere meglio la condizione dei pazienti e a pianificare il trattamento più adeguato.
Le cause della sindrome dell’intestino irritabile non sono completamente comprese, ma diversi fattori possono contribuire alla manifestazione dei sintomi. Tra i principali fattori di rischio, la dottoressa Ciliberto menziona una dieta inadeguata, caratterizzata da un alto consumo di cibi processati e poveri di fibra, e uno stile di vita sedentario. Anche le alterazioni emotive, come l’ansia, e le intolleranze alimentari, in particolare quella al lattosio, giocano un ruolo significativo. L’uso eccessivo di antibiotici e antinfiammatori, oltre a squilibri nella flora batterica intestinale, possono aggravare la condizione. Inoltre, i cambiamenti ormonali, come quelli legati al ciclo mestruale nelle donne, possono influenzare i sintomi.
In Italia, circa 200mila persone soffrono di sindrome dell’intestino irritabile, una condizione benigna priva di danni organici. Tuttavia, i sintomi come dolore addominale e gonfiore possono sovrapporsi ad altre patologie gastrointestinali. Attualmente, non esiste un test specifico per la diagnosi dell’IBS. La comunità scientifica ha stabilito alcuni criteri diagnostici e raccomanda di eseguire esami per escludere altre condizioni. Tra questi, l’analisi delle feci per identificare infezioni, il test della calprotectina fecale, e vari breath test per escludere allergie o la sindrome da sovracrescita batterica (SIBO). In caso di sintomi persistenti, il gastroenterologo può consigliare esami più invasivi, come la colonscopia.
L’American Gastroenterology Association ha recentemente pubblicato nuove linee guida per il trattamento della sindrome dell’intestino irritabile, che si basano sulla dieta FODMAP e sull’importanza dell’attività fisica. La dieta per IBS prevede una riduzione dei FODMAP, zuccheri presenti in molti alimenti processati che possono aggravare i sintomi. Alcuni cibi sani, come le brassicacee e i legumi, possono avere un alto potere fermentativo e quindi andrebbero limitati. È consigliato evitare alimenti come mele, pere e latticini freschi, mentre è possibile includere banane, frutti rossi e carote. La dottoressa Ciliberto menziona anche l’importanza di alcuni probiotici, che possono migliorare la consistenza delle feci e ridurre il transito intestinale. Rimedi naturali come la menta piperita e il finocchio possono contribuire a ridurre la tensione addominale. Infine, mantenere un’adeguata idratazione, bevendo almeno 2 litri d’acqua al giorno, è fondamentale per favorire la digestione e prevenire la stipsi.